Intorno alla declinazione al femminile di alcune parole che indicano professioni o cariche sociali o politiche – avvocata, sindaca, ingegnera, ministra etc. – si assiste da tempo a un dibattito pubblico che contrappone chi ritiene serenamente che l'italiano contempli questa possibilità, se è una donna a svolgere quel ruolo, e chi invece ritiene che forme come architetta, arbitra, rettrice siano fuori dalla consuetudine o cacofoniche e in ogni caso intollerabili. La realtà – come evidenzia Vera Gheno (Femminili singolari) – è che una lingua riflette la storia e le convenzioni di una società: se quelle parole non sono "comuni", è solo perché un ordine maschilista ha impedito per secoli alle donne di affermarsi in quelle professioni. Nel corso del laboratorio, Gheno proporrà una guida alla morfologia dell'italiano in merito alla questione di genere, cercando di smascherare le forme di discriminazione che si celano dietro alle convinzioni linguistiche più radicate.