Questa frase lapidaria, attribuita a Régis Debray, è un buon punto di partenza per addentrarsi nelle stimolanti riflessioni di Souleymane Gassama alias Elgas, giornalista e scrittore senegalese trapiantato in Francia. Tanto in saggi come I buoni risentimenti, quanto in romanzi come Maschio nero, Elgas ha infiammato il dibattito sulle rappresentazioni dell'Africa di oggi, mettendo a nudo le scorie di subalternità, razzismo e culti identitari che complicano più di un'istanza del pensiero decoloniale: da un lato l'immaginario del continente africano continua a essere costruito dall'esterno in termini più o meno velatamente coloniali; dall'altro una narrazione puramente rivendicativa non garantisce di per sé un pensiero realmente emancipato dai domini del passato e del presente. È possibile uscire dal cortocircuito – si domanda l'intellettuale africano insieme a Leila Belhadj Mohamed – adottando una complessità di sguardo che riconosca in modo empatico le migliori energie di un grande continente e, parimenti, le sue atroci ferite?